DALLA TEORIA ALLE PRATICHE DELLA CURA
a cura di Fabio Tognassi e Uberto Zuccardi Merli
Franco Angeli, 2010
L’applicazione della psicoanalisi al sintomo dell’iperattività nasce dal desiderio di confrontarsi con questa forma dilagante del disagio infantile contemporaneo, che altera profondamente l’ingresso del bambino nel legame sociale. Contro il sintomo, che sovverte l’azione educativa della famiglia e della scuola, si tenta di opporre strategie di cotnrollo del comportamento e del pensiero e una farmacoterapia prolungata nei casi più gravi.
La prospettiva teorica e clinica degli autori di questo libro propone invece una lettura dell’iperattività in cui l’impulso irrefrenabile al movimento del corpo, l’aggressività manifesta, la mancanza del senso del limite e del rispetto dell’autorità, le difficoltà di concentrazione, comprensione e uso del linguaggio scritto e parlato, sono fenomeni con cui si manifesta un eccesso pulsionale che, per ogni bambino, è relativo a qualcosa che riguarda il suo legame con l’Altro. Senza dimenticare che ogni essere umano nasce e cresce in una cultura i cui valori toccano direttamente l’insieme del campo sociale e le menti delle prsone che vi fanno aprte. Iperattività e cultura dell’eccesso sono, in effetti, i tratti essenziali del discorso sociale contemporaneo.
Se la mente è un organo sociale, anche la sua cura può passare dal sociale; la sfida è proprio quella di costruire uno spazio e un legame per il bambino in cui l’uso della parola, l’ascolto, la funzione dell’inconscio, la fiducia in chi si occupa di lui, permettano una socializzazione senza imposizioni.
PRESENTAZIONE
Lavorare con l’infanzia pone il terapeuta ad orientamento psicoanalitico di fronte alla necessità di saper accogliere la particolarità nascente di un soggetto.
In un certo senso ciò è valido per il trattamento analitico in generale. L’obiettivo di una psicoanalisi è una presa di misura particolare da parte di un soggetto rispetto alla propria posizione nei confronti degli altri e del godimento, della modalità con cui soddisfa la pulsione.
Il lavoro analitico non deve ridursi ad un percorso progressivo di adattamento alla realtà, nell’illusione immaginaria e ideologica di un ideale di salute mentale inafferrabile.
Freud considerava il successo analitico a fronte di un recupero di energia psichica: il recupero della capacità di amare e lavorare. Possiamo tradurre questo nei termini di un rinnovato patto di alleanza tra il soggetto e ilproprio inconscio. Questo patto, stipulato tra il soggetto e l’Altro, sancisce la possibilità di tornare a desiderare e, perché no, a godere della vita.
In questo senso, la cura deve essere fin da subito orientata al raggiungimento di ciò che Lacan, in conclusione al suo seminario del 1964, chiama “differenza assoluta”.
Puntare alla differenza assoluta del soggetto dall’Altro significa sostenere il percorso analitico con il desiderio di permettere ad ogni individuo di inventare, riscrivere, rielaborare il proprio essere inscritto nel campo dell’Altro sociale. La posta in gioco di un’analisi, infondo, è la libertà stessa del soggetto, libertà che viene riconosciuta,assunta progressivamente attraverso l’incontro con dei limiti, con delle battute di arresto.
Scrive Massimo Recalcati:
“Ogni volta che c’è invenzione, creazione, atto, poesia c’è inevitabilmente infrazione, sovversione, alterazione, deviazione soggettiva dal codice simbolico universale di riferimento. Più semplicemente, si potrebbe dire che ogni volta che il soggetto assume il carattere indistruttibile del suo desiderio si stacca, si separa dalla domanda dell’Altro.”
In questa partita si gioca anche la responsabilità dell’analista, il quale, insiste Lacan, è chiamato a dirigere la cura, non il paziente. Una psicoanalisi non mira alla normalizzazione, alla standardizzazione, ma sottolinea lo scarto irriducibile che differenzia ciascun soggetto da un altro.
Accogliere questa differenza significa accogliere quell’alterità che ogni individuo porta con sé: si tratta di inventare un modo per “saperci fare” conquesta alterità interna che ci abita e che prende il nome di inconscio.
Nell’epoca del dominio della cifra sul soggetto, della supremazia del sapere dell’Altro e della tecnica sul corpo, la sfida che si impone agli psicoanalisti è precisamente quella di stanare il soggetto dell’inconscio dai bui nascondigli in cui si è rifugiato ed è stato rinchiuso.
Queste considerazioni acquistano maggiore importanza quando ci si trova alavorare nel campo dell’infanzia.
Qual è l’obiettivo di un cura orientata analiticamente con un bambino? In fondo potrebbe insinuarsi nella pratica l’idea ingenua di una più o meno velata pedagogia, proprio in vista del fatto che sappiamo quanto sia importante che ogni bambino apprenda e rispetti la funzione del limite e della regola sociale.
INDICE
Premessa
Introduzione
L’iperattività tra corpo e inconscio
Premessa sull’inconscio freudiano el’infantile, Fabio Tognassi
Il bambino e il suo corpo, FabioTognassi
Le funzioni dell’eccesso nel bambino iperattivo, Fabio Tognassi
Iperattività e discorso sociale, FabioTognassi
Il dispositivo di cura
Alcune considerazioni sul gioco, Carolina Albretti
Sintomo o godimento dell’Altro, Fabio Tognassi
Il bambino iperattivo alle prese con la castrazione materna, Carolina Albretti
Il lavoro nel gruppo e l’angoscia dell’operatore, Fabio Tognassi
Il sintomo infantile e il contesto scolastico, Federica Pelligra
Bambini
“Non dovrai mai avere altri uomini. Io ti sposerò”. Il caso di Alberto, Uberto Zuccardi Merli
Perché non voler sapere. Notesull’insuccesso scolastico, Angelo Villa
Andrea e Giacomo. Alienazione e separazione, Fabio Tognassi
Iperattività, oppositività e costruzione del corpo immaginario, Fabio Tognassi
Narciso a Gianburrasca. Il caso di Marco, Mariangela Mazzoni e Francesco Vandoni